Lucido protagonista della "nuova topografia" americana degli anni settanta, artista costantemente impegnato a decostruire la politica dei luoghi e delle rappresentazioni, sin dai suoi esordi Lewis Baltz ha accompagnato alla ricerca visiva una meditata attivit? di scrittura critica e autocritica. Le riflessioni raccolte in questo volume illuminano da prospettive differenti la sua opera ultraquarantennale e il contesto transatlantico nel quale si ? sviluppata: interventi che hanno affiancato le opere topografiche del primo periodo, narrazioni incorporate nei lavori testo-immagine della fine degli anni ottanta, ma anche una corposa serie di saggi dedicati ad alcuni tra i pi? importanti fotografi e artisti del Novecento. In questi ultimi l'ascolto dell'enigmatica materialit? delle opere si fonde con un ragionare secco e disincantato sulla loro adeguatezza culturale e, infine, politica. Rientrano in tale filone gli scritti dedicati a Walker Evans, Edward Weston, Robert Adams, Michael Schmidt, Allan Sekula, Thomas Ruff e Jeff Wall, che in modi diversi interrogano le possibilit? e i limiti delle pratiche fotografiche di stampo modernista; in alcuni passi affiorano inoltre circostanziati apprezzamenti di artisti come Krzysztof Wodiczko, F?lix Gonz?lez-Torres, Barry Le Va, Chris Burden, James Turrell, Robert Irwin, John McLaughlin e Alessandro Laita, con i quali Baltz ha condiviso aspetti cruciali della ricerca e, in diversi casi, della propria biografia. Il volume, tuttavia, contiene anche considerazioni su temi di portata pi? generale, per esempio sul paesaggio o sulle citt? 'nell'epoca del nulla di speciale'. Se il gelido silenzio dell'immaginario post-apocalittico di Baltz ha contribuito a depurare la fotografia degli ultimi trent'anni dalle opposte retoriche della denuncia e della rivelazione, la voce rauca e talvolta caustica di questi scritti continua a risuonare e a contaminare le presunte certezze su cui amano poggiare le istituzioni dell'arte e della fotografia.